Rita Morandi, tra esoterismo e sogni simbolisti espone le sue tele all’Ostello Gogol

11.04.2025

Soggetti intangibili, archetipi radicati nel nostro subconscio; angeli, demoni e spiriti, divinità pagane di un cosmo politeista, attimi effimeri che si integrano nell'infinità priva di tempo e causa: queste sono le suggestioni con cui entra in contatto il visitatore quando osserva le tele della pittrice milanese Rita Morandi, un cocktail di familiarità e malinconica meraviglia, determinato dal riconoscimento felice e rassicurante di una condizione psichica presente in tutti noi e dall'inevitabile soggezione provata nel vedere la nostra più recondita intimità manifestarsi in forme simboliche e percepibili, come se finalmente accedessimo a qualcosa da tanto tempo perduto e adesso ritrovato.

''Si tratta di sogni?'', mi venne spontaneo chiedere a Rita, che mi confermò l'origine onirica delle esperienze rappresentate.

In effetti, il sogno è l'unica esperienza che ci è concessa nell'ambito di questa vita di sperimentare l'esistenza di un universo in cui, come diceva Nietzsche, vi sono altre leggi o nessuna legge: attraverso esso viviamo in prima persona la dimensione interiore in cui si compie lo svincolamento integrale dalla realtà deterministica, il foglio bianco privo di materia (ovvero, pieno di energia) in cui l'anarca alchimista disegna una realtà serena e fanciullesca, conciliativa nei confronti della propria umana e ancestrale essenza.

Credere a ciò che non è mai esistito e che mai si realizzerà, questa è la weltanschauung che permea la vita creativa di ogni artista che operi nella condizione più pura e spontanea, questo è il sentimento inconsapevole del creatore di mondi, l'uomo che attraverso la prassi artistica diventa Uomo Assoluto, demiurgo, finalmente fattore di nascite.

Di seguito, analizzeremo tre dei quadri di Rita Morandi esposti presso l'Ostello Gogol di V.le Bligny a Milano, e visitabili fino al 15 aprile nel luogo sopraccitato. Ho scelto queste due opere perché sono convinto che offriranno a chi voglia recarsi all'esposizione una descrizione soddisfacente e sintetica dell'identità artistico-filosofica della pittrice.


La nascita (2010)


La nascita è il titolo dato dall'autrice a un meraviglioso paesaggio notturno, nel bel mezzo del quale spicca fiera e soave la figura di un uccello mitologico, una creatura spiritica dalla poliedrica anima che con la sua imperitura presenza immobilizza la dinamica costante che impregna il quadro.

lo sfondo notturno, illuminato da molte lune occupanti contemporaneamente diverse posizioni nel cielo, disegna in modo inequivocabile la natura pluridimensionale e relativa del perpetuo movimento universale, quell'intreccio di più strati della realtà in cui la materia è costantemente nascitura e per questo indistruttibile ma allo stesso tempo così irriconoscibile nella sua perenne vita sfuggente.

Creare significa contemplare, essere artista vuol dire allinearsi a una realtà già esistente, con la metafisica illusione di essere noi stessi i centri irradiatori della verità, quando più precisamente ci limitiamo ad afferrare l'essenza più profonda di una dimensione stabilita a priori rispetto alla nostra esistenza ontologica: esistono già infinite lune, tuttavia l'artista le ha create prima che nascessero, ha anticipato la loro presenza; e nello stesso modo, dalla sua intimità animistica scaturì quella creatura fluida e alata, uccello mistico che esiste da sempre ma che ovviamente non è mai nato, uscito da un uovo che, come raffigurato nel dipinto, è rimasto intatto, un guscio che mai si è rotto.

La rottura del guscio avrebbe significato la fine del sogno, la morte dell'illusione, la distruzione dell'arte: ovvero, il ritorno al mondo delle leggi fisiche; ma, fortunatamente, l'uovo inesistente non si è aperto e noi possiamo continuare a osservare, al di fuori di esso, il suo magnifico e reale contenuto, un uccello più reale e colorato di tutti quelli presenti sulla Terra.


Asino blu (2010)


Di fronte alla nostra recondita intimità siamo spogliati di tutte le maschere imposteci dalla convivenza civile, nudi nella nostra animalità davanti a qualcosa che non possiamo elaborare secondo le categorie razionali; la condizione dell'uomo svestito di fronte all'Asino blu dell'omonimo dipinto ci ricorda la duplice spinta che ci assale durante la nostra esplorazione interiore, avvenga essa per via onirica o involontaria oppure attraverso la ricerca attiva e volontaria dei non-luoghi introvabili situati all'interno della nostra anima: da un lato l'attrazione verso la nostra vera personalità originaria, presente nella fermezza espressa dalla posizione seduta e nella felice atavicità trasmesse dai tratti elementari del soggetto nudo nel quadro, dall'altro i suoi occhi felini e la sua bocca spalancata suggeriscono il desiderio di fuga da un'esperienza di cui si riconosce la gravità dell'ignoto di fronte alla propria impotenza.

E' una visione inedita quella che appare, scendendo dal cielo notturno attraverso una strada composta di luce lunare, davanti alla figura umana, un dio zoomorfo blu dalle sembianze di un asino, una via di mezzo tra una scena incubica e una soave apparizione.

Non sarebbe peregrino ipotizzare che si tratti di uno degli antichi giganti che popolavano la Terra prima della distruzione di Atlantide, creature lunari che originarie dell'astro vi avrebbero fatto ritorno dopo la remota catastrofe diluviana: essi riappaiono nel nostro cuore, se e quando noi li richiamiamo nella nostra dimensione, perchè sono così lontani da non essere affatto reali e così vicini da poterli trovare senza nemmeno cercarli.

La tela in questione raffigura l'incontro simbolico tra l'Uomo inteso come organicità corporeo-spirituale e il proprio substrato archetipico, rielaborato dalla nostra mente in forme semi-reali e sintetiche.


I funamboli (2014)


Un altro lavoro della Morandi esposto alle pareti dell'Ostello Gogol, I funamboli, risalente al 2014, è caratterizzato da un approccio meno simbolistico e mitologico rispetto ai due precedentemente analizzati.

L'opera in questione si presenta come un elogio del movimento corporeo e della simbiosi connettiva e armoniosa determinata dalla dinamica delle azioni di gruppo, in cui i partecipanti, nell'impegno comune dell'operazione messa in atto, perdono la propria individualità a favore di una purezza circolare e indefinita ben rappresentata dalle forme fluide e rotonde dei soggetti. Le figure umane sintetizzano in sé stesse lo slancio verticale e mistico reso possibile dall'operazione atletica così come la rotondità circolare che i soggetti sembrano attribuire a loro stessi sotto forma di autopercezione non più completamente umana ma adesso più vicina al principio universale.

Grazie all'esperienza del funambolismo rappresentato, non vi è più distinzione e singolarità tra i soggetti raffigurati ma esclusivamente fusione e sentimento monistico tra loro e l'ambiente circostante, con il quale si integrano in una nuvola creata dai loro stessi corpi impegnati nella tensione atletica.


Ad accompagnare nell'esposizione le tre opere sopra descritte insieme ad alcune altre creazioni della Morandi, sono presenti i lavori del figlio Jacopo e della sorella Chiara, caratterizzati da un approccio tutt'altro che simbolistico e metafisico: il realismo quasi nitido e particolaristico dei due artisti, nella percorrenza della mostra, entra in una dialettica di contrasto e talvolta di simbiosi con lo stile fluido e spirituale di Rita Morandi, invogliando il visitatore a concepire possibili collegamenti e accostamenti tra i dipinti esposti.


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